Deterioramento della cosa comune e legittimazione attiva dei condòmini. Quali limiti?

Articolo pubblicato in http://www.condominio.web Di Avv. Maurizio Tarantino.

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In tema di condominio, relativamente ai danni alle parti comuni, per quanto riguarda la legittimazione dei singoli condomini, ciascuno di loro è legittimato alla difesa giudiziale del diritto comune, mentre può agire solo nei limiti della propria quota nel proporre azione di risarcimento relativamente al danno subito dalla cosa oggetto di comproprietà o azione per l’adempimento delle obbligazioni .

Così si è pronunciato il Tribunale di Rimini nella sentenza n. 1597 del 21 dicembre 2015, ove è stato precisato che i condomini, a seguito di deterioramento sulle parti comuni dell’edificio, sono legittimati alla difesa giudiziale del diritto comune, e nei limiti della propria quota, a proporre azione di risarcimento relativamente al danno subito dalla cosa oggetto di comproprietà.

Questi i fatti di causa. Alcuni condomini, a seguito di opere di ristrutturazione effettuate nell’appartamento di altro condomino dello stesso stabile, denunciavano i pregiudizi occorsi alle parti comuni dell’edificio, precisamente alle strutture portanti della palazzina. Per tali ragioni, citavano il condomino responsabile, chiedendo il “risarcimento dei danni“, parametrati ai costi degli interventi di consolidamento strutturale, e, in via subordinata, la condanna ad eseguire tali interventi, volti al consolidamento e rafforzamento delle strutture portanti della palazzina.

Costituendosi in giudizio, il condomino convenuto, dopo aver contestato le domande attoree, chiedeva la chiamata in causa del terzo (gli ingegneri responsabili dei lavori) ed affermava che i lavori eseguiti nel suo appartamento avevano giovato al fabbricato e non avevano creato alcun danno alla staticità dell’immobile medesimo.

Nella fase istruttoria, nella relazione peritale del C.T.U., veniva riscontrata la corresponsabilità di entrambi i professionisti (ingegneri coinvolti, nonché terzi chiamati in causa) nell’intervento di ristrutturazione dell’appartamento del condomino convenuto.

Il Giudice adito, nella pronuncia in commento, appurato che si è trattato di pregiudizi occorsi alle parti comuni dell’edificio (strutture portanti della palazzina), affermava che relativamente ai danni alle parti comuni, sussiste la legittimazione attiva degli attori, in quanto ciascun condomino può agire a tutela del suo diritto sulla cosa comune contro il condomino che, con l’uso pregiudizievole delle cose di sua esclusiva pertinenza, abbia determinato il deterioramento o la distruzione della cosa stessa, senza essere tenuto a ricercare se il danno sia stato prodotto dal condomino personalmente o da persona a lui legata da un qualsiasi rapporto, cui il condomino che agisce sia estraneo, e ferma restando la possibilità per quest’ultimo di agire contro il terzo responsabile con l’azione ordinaria di risarcimento per fatto illecito di cui all’art. 2043 c. c. e per il condomino giudizialmente chiamato a ripristinare la cosa danneggiata o distrutta a seguito di lavori eseguiti nella parte dell’immobile di sua esclusiva proprietà, di rivalersi nei confronti dell’autore o degli autori materiali del danneggiamento (Cass., n. 3942/91).

Difatti, ciascun proprietario, in quanto titolare di un diritto che investe l’intera cosa comune, sia pure nei limiti segnati dalla concorrenza dei diritti degli altri partecipanti, è legittimato ad agire o resistere in giudizio, anche senza il consenso degli altri, per la tutela della cosa comune, nei confronti dei terzi o di un singolo condomino.

=> La legittimazione ad agire in giudizio dell’amministratore di condominio.

Sul punto, il Giudice adito, richiamando altra giurisprudenza di legittimità, precisa che “le riparazioni e le ricostruzioni necessarie del muro comune sono a carico di tutti i comproprietari in proporzione alle rispettive quote, salvo che la spesa sia stata cagionata dal fatto di uno dei partecipanti, nel qual caso l’obbligo di riparare il muro comune è posto per l’intero a chi abbia cagionato il fatto che ha dato origine alla spesa. Ne consegue che, qualora il danno subito dalla cosa comune sia imputabile ad uno dei due comproprietari, l’altro può agire nei confronti del danneggiante per il risarcimento dei danni per equivalente solo nei limiti dell’importo corrispondente alla spesa necessaria per la riparazione su lui gravante in proporzione al suo diritto di comproprietà, e non anche per la parte di esborso dovuta dal comproprietario danneggiante” (Cass., n. 20733/12).

Alla luce di tutto quanto innanzi esposto, conformemente al citato orientamento, il condomino convenuto insieme ai terzi chiamati in causa, sono stati condannati in solido tra loro al risarcimento dei danni occorsi nel condominio; in particolare, al risarcimento del danno subito dalla cosa oggetto di comproprietà.

=> Parti comuni: uso e limiti all’utilizzo da parte del singolo condomino.

 

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